“Time is out of joint. O cursed spite. That ever I was born set it right.”
Hamlet
Quando insegno
Lavoro con persone che sono più “grandi di loro stesse” e vogliono imparare come esprimere i loro sentimenti e le loro emozioni attraverso il corpo e l’anima. Non accettano di essere solamente uno e hanno bisogno di essere di più, di essere buoni e cattivi, vecchi e giovani, uomo e donna, per potersi conoscere in profondità.
Ho studiato balletto classico e danza contemporanea per gran parte della mia vita: all’età di 20 anni ho scoperto la contact improvisation e improvvisamente ho capito che quei movimenti lenti e fluidi potevano aiutare chiunque a capire meglio il proprio corpo.
Ogni insegnante di teatro ha il suo proprio percorso, nell’insegnare: il mio parte dai corpi per arrivare alle voci e all’anima.
Lavorando con i bambini è più facile partire dai corpi, con gli adolescenti e gli adulti non è così facile: hanno barriere, fisiche e psicologiche, che io rispetto. Lavoriamo su questi limiti autoimposti, li superiamo, li usiamo come punto di partenza.
Dopo, iniziamo a camminare sulla strada che i Grandi Artisti hanno preparato per noi, cercando le loro tracce: Stanislavskij, Grotowski, Vachtangov, Cechov, Vassiliev, Brook…
Quando scrivo
Creo un piccolo nuovo mondo attraverso il quale cerco di capire il Grande Mondo.
Piccole storie vissute da piccoli personaggi impauriti dal Grande Mondo in cui abitano.
Tutti i miei dubbi vengono fuori nei miei testi, per ptoer mostrare, forse, un differente modo di vedere la Verità. O le Verità.
Scrivo testi teatrali da quando ho 22 anni: ho iniziato scrivendo testi per bambini, adattando fiabe popolari e storie conosciute, poi ho iniziato a scrivere per gli adulti.
Nei miei testi parlo del conflitto tra ciò che sentiamo dentro di noi e la vita quotidiana, del rapporto tra la “vita normale” e la vita del singolo.
Scrivo su tematiche gender, sulla migrazione, sulle relazioni umane, sull’amore.
Piccole storie su piccoli personaggi.
In questa maniera cerco di parlare a tutti.
Quando dirio
Provo ad aggiungere il silenzio alle voci degli attori, pause ai loro movimenti, così da esprimere pensieri e idee proprie, e dargli contorno, dimensione.
Niente deve essere piatto, facile da accettare, scontato.